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7/19/07

Come aprire una cassaforte via Google

Colorado Springs - Una coppia di ladri alle prime armi è riuscita a portare a termine un colpo da 12mila dollari, più una PlayStation e un notebook, grazie alle istruzioni per forzare una serratura scovate su Google. Nonostante i due ci abbiano messo oltre un'ora a scassinare la cassaforte per il momento sembrerebbero averla fatta franca.

Secondo la ricostruzione fornita dalla polizia, i due aspiranti signori del crimine si sono introdotti a volto coperto nella sede di una popolare sala giochi utilizzando una copia delle chiavi, e si sono diretti spediti verso la cassaforte contenente il denaro e gli altri oggetti sottratti. Una spruzzata di WD-40 sulla telecamera, e persino su un sensore dell'allarme, non è servita a nascondere il loro operato: il celebre detergente anti-corrosione non ha fatto altro che pulire e sgrassare l'obiettivo, che ha potuto quindi immortalare al meglio gli sforzi dei due maldestri scassinatori.

La polizia ha infatti riferito che di certo non si trattava di due "professionisti": per oltre 75 minuti hanno continuato a tentare di forzare cassaforte e armadietti, fino a quando uno dei due, esausto, si è diretto in un ufficio adiacente. Gli investigatori hanno poi scoperto che il malvivente si era limitato a googlare "come aprire una cassaforte" e "come forzare una cassaforte" su un computer connesso ad Internet.

La rete delle reti si è confermata un serbatoio inesauribile di informazioni su quasi tutto lo scibile umano. Non si conosce quali risorse il bandito abbia consultato, sta di fatto che dopo pochi minuti la cassaforte era stata aperta e i due se ne erano andati indisturbati col loro bottino. Gli investigatori pensano ad un colpo portato a termine dall'interno, vista la dimestichezza con cui i malviventi si sono mossi nella struttura: al momento però non ci sono sospettati e non vengono segnalati fermi tra gli oltre 100 impiegati del locale.

Nonostante il management della struttura abbia già assunto un detective privato e sottoposto alcuni dipendenti al test del poligrafo, Matt Van Auken (il direttore) cerca di scherzarci su: "Le due cose più importanti quando vieni derubato sono qualcuno si è fatto male? e qualcuno si è fatto male?" ha detto al The Gazette: "Se la risposta ad entrambe le domande è no, di solito tendi a riderci sopra".

Il mese scorso non era andata altrettanto bene all'ex-direttore di un ristorante nel Delaware, Branden M. Tingey, ora accusato tra l'altro di tentata rapina ed effrazione dopo essere stato sorpreso a tentare di "ripulire" il suo vecchio datore di lavoro. Nascostosi nel controsoffitto, alla chiusura era uscito dal suo nascondiglio per tentare di forzare la cassaforte del suo precedente ufficio.

La combinazione era cambiata, ma Branden non si è perso d'animo: ha utilizzato il computer per cercare anche lui, non su Google, però, ma su Yahoo, "come forzare una cassaforte". Ha praticato tre fori sul portello con un trapano trovato nell'ufficio, ma è stato interrotto da due dipendenti entrati nella stanza e costretto a scappare. Poche ore dopo è stato catturato all'aeroporto, mentre tentava di "prendere il volo" e lasciare lo stato.

Luca Annunziata
cc http://punto-informatico.it/

UK, Vodafone cifrerà gli SMS

Roma - Le cronache giudiziarie potrebbero dover fare a meno delle intercettazioni degli SMS, almeno nel Regno Unito: Vodafone ha infatti siglato un'intesa con un partner che le consentirà di offrire un servizio di messaggini criptati.

Il partner è Broca e la soluzione scelta si chiama SAMS, Secure Advanced Message Service. Il target individuato da Vodafone per il nuovo servizio è la clientela business. Non a caso: sono molte le imprese per le quali la riservatezza delle comunicazioni - anche a livello di SMS - rappresenta un fattore critico.

L'accordo prevede che Broca sia pagata da Vodafone in funzione del quantitativo di SMS cifrati spediti attraverso la tecnologia SAMS, che - assicura l'azienda - consente la trasmissione sicura di dati riservati e sensibili, come i dettagli di operazioni di pagamento.

Dario Bonacina
cc http://punto-informatico.it/p.aspx?i=2037780

Svizzera, licenziati con un SMS

Rivera (Svizzera) - La telefonia mobile offre ai datori di lavoro uno strumento di comunicazione rapido, conciso ed essenziale per licenziare i dipendenti: l'SMS. È così che un imprenditore svizzero ha comunicato ai suoi 15 impiegati la chiusura dell'azienda e la conseguente perdita del posto di lavoro.

In Italia si può essere licenziati per averne spediti troppi. In questo caso, invece, è il principale a spedire solo un messaggino, licenziando tutti. "Da oggi la ditta è chiusa, restate pure a casa". È questo il testo del fulmineo SMS trasmesso dall'imprenditore agli operai della sua azienda, 15 frontalieri italiani residenti nel comasco e nel varesotto. E si tratta anche dell'ultima comunicazione in assoluto rilasciata dall'azienda: il titolare sembra essere scomparso senza lasciare traccia e dalla sede dell'azienda, la FG costruzioni, non è possibile ottenere risposte.

Come riferito da Ticino On Line, Matteo Pronzini - responsabile del settore edilizia per il sindacato Unia Ticino e Moesa - ha dichiarato: "Preso atto che i lavoratori non hanno più diritto di lavorare abbiamo chiesto il pagamento del periodo di disdetta, che varia dai due ai tre mesi a dipendenza del numero di anni di servizio". E sull'originale mezzo di comunicazione utilizzato dal datore di lavoro, Pronzini ha osservato: "Il licenziamento per SMS è paradossale e illegale".

"Questo è l'esempio che dimostra la direzione in cui il nostro paese sta andando - ha commentato il rappresentante sindacale - sempre meno rispetto nei confronti di chi lavora e un'arroganza tale per cui un lavoratore viene licenziato via SMS. Quando diciamo che c'è una precarizzazione intendiamo anche questo. Ed è questo che sta succedendo".

Dario Bonacina
cc http://punto-informatico.it/p.aspx?i=2038502

iPhone, o si apre o si muore

Roma - Non si può dire che il lancio statunitense di iPhone, l'ambizioso gingillo tecnologico con cui Apple vuole conquistare la telefonia e l'elettronica di consumo, sia stato meno di un successo. Così come sarebbe sbagliato negare che i dubbi sulle sue magagne, già evidenziati prima della commercializzazione, siano stati fugati del tutto. Una cosa su tutte non piace ad utenti e associazioni, l'impossibilità cioè di adoperare il melafonino senza sottostare a restrizioni di contratto che, per quanto siano la norma per molti cellulari, fanno storcere il naso se applicati a quello che vorrebbe essere a tutti gli effetti un piccolo comunicatore dal cuore di computer.

Si scaglia contro il "lock-in anticompetitivo" Open Internet Coalition che, prima di comparire per un'audizione davanti alla House Subcommittee on Telecommunications del parlamento di Washington, ha imbastito una conferenza stampa sugli argomenti che la coalizione avrebbe dibattuto davanti al comitato. Su tutti spiccava appunto la necessità, per la diffusione e la crescita tecnologica della comunicazione wireless, di riconsiderare l'obbligo di utilizzare i dispositivi mobili con un solo operatore per un lungo arco di tempo.

La conferenza, così come la successiva udienza di fronte al comitato, ha avuto come soggetto principale proprio iPhone, le cui indubbie qualità tecniche e tecnologiche contrastano con l'impossibilità di una autentica portabilità, dettata dall'obbligo di sottoscrivere un contratto biennale con il carrier AT&T anche solo per usare la sveglia: senza considerare le salate penali di scissione del contratto e i danni in termini di innovazione che esse portano - in generale come nel caso specifico - al settore della comunicazione on the road.

Chris Murray, consulente legislativo che ha preso parte alla conferenza, ha sostenuto che nonostante il mega-prezzo di 600 dollari (costi di gestione esclusi) "i consumatori non ottengono un singolo penny in finanziamenti, ma a discapito di ciò vengono lo stesso ingessati in un contratto di due anni o angustiati da una penale per abbandonare il carrier". Occorre spingere in funzione di una vera portabilità e intercomunicabilità delle diverse reti dei gestori, sostengono gli esperti, perché la comunicazione divenga un bene di tutti e non semplicemente il più grosso affare che AT&T Inc. e le altre ex-baby bell abbiano mai avuto modo di capitalizzare in dollari sonanti.

Mentre si pronunciano le associazioni per la salvaguardia della neutralità della rete, c'è chi pensa a mettere una pezza, un nuovo hacking per trasformare l'iPhone in una sorta di iPod 6G: PQ Computing ha rilasciato il software gratuito iPhone Unlock Toolkit, grazie al quale è possibile rendere operativo il melafonino senza sottoscrivere alcun abbonamento con AT&T, al semplice costo di un click. Attualmente disponibile solo per Windows - ma con un versione Mac in dirittura d'arrivo - il toolkit non obbliga l'utente ad avventurarsi in modifiche esadecimali al codice di iTunes e smanettamenti simili, permettendo altresì l'impiego di iPhone come un PDA evoluto ma senza la connettività alla rete cellulare.

Gli utenti vogliono poter utilizzare iPhone in maniera assolutamente libera, e le aziende prendono spunto da questa necessità stiracchiando i limiti imposti da Cupertino: Ecamm Network, minuscola società di software del Massachusetts specializzata nella distribuzione di plug-in per il software di videoconferenza iChat di Apple, ha appena lanciato iPhoneDrive, che permette agli utenti Mac di trasformare il melafonino in un dispositivo di storage portatile.

Il software, che secondo gli autori "riempie il vuoto di una caratteristica mancante", è la risposta alla tirata di Jobs per le telecamere alla Developers Conference dello scorso mese, in cui il patron di Apple aveva lodato la possibilità per gli sviluppatori di "scrivere incredibili applicazioni Web 2.0 e Ajax che sembrano e si comportano esattamente come le applicazioni intergate nell'iPhone". Gli autori di software, sostiene il programmatore di iPhoneDrive, non se la sono bevuta: "Sono sicuro che hanno avuto la loro bella parte di sviluppatori che hanno chiesto a gran voce di aprire al pubblico l'iPhone" ha dichiarato il coder.

Alfonso Maruccia
http://punto-informatico.it/p.aspx?i=2038511

7/10/07

Arrivò prima Debian o Redhat?



Da non dormirci la notte :) La più completa timeline, dal rilascio delle prime versioni del kernel Linux fino a Sabayon, dal 1991 al giorno d'oggi tutte le distribuzioni GNU/Linux con le linee di parentela in questo grafico 'timeline'.

di Stefano Maffulli